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Ruggiero Rutigliano

“DIO NON TOGLIE GIOIA ALLA NOSTRA VITA, MA AGGIUNGE VERITÀ ALLA NOSTRA GIOIA”

Stadera n. 159 – Nov/Dic 2024


È questa la pennellata profondamente lucente che don Giuseppe Cassano ha voluto lasciare al termine della prima celebrazione eucaristica presieduta come presbitero. Sono parole forti ed audaci, che sconvolgono, anzi scandalizzano le donne e gli uomini di oggi che vedono esclusivamente in Dio un nemico, un essere che, qualora dovesse esistere da qualche parte, remerebbe contro la felicità dell’essere umano. Ma quale felicità?

Una felicità che si condivide, una gioia che si moltiplica, anche quando siamo nella prova o stiamo attraversando un oscuro disagio. Per questo abbiamo bisogno dell’altro: fa parte della nostra stessa struttura ontologica. E questo bisogno, questo aiuto necessario, risuona più volte nel saluto di don Giuseppe.


Avere bisogno di chi? E qui don Giuseppe fa un elenco che vogliamo riportare, perché riteniamo sia di insegnamento a ciascuno di noi.

Aver bisogno della famiglia biologica, sia quella stretta sia quella allargata, dove si imparano i primi rudimenti dell’amore e della dedizione totale, senza aspettarsi il contraccambio.

Aver bisogno della nuova famiglia sacerdotale in cui è accolto ora don Giuseppe, che diventa modello gioioso della vocazione al servizio delle sorelle e dei fratelli che si incontrano, sacerdoti che sono profili diversi del cuore di Dio, in particolare i sacerdoti incrociati negli anni passati presso la parrocchia del Crocifisso, come don Ruggiero e don Pino, rispettivamente predecessore ed attuale parroco, e come il compianto don Salvatore: “Nel tempo conclusivo del mio discernimento prima del seminario, la tua testimonianza mi ha sostenuto nell’ultimo slancio di coraggio: mi hai insegnato che a Dio si offre tutto, anche sofferenze e inquietudini che solo Lui può irradiare col sole di Pasqua, così come il tuo sguardo sereno nei tuoi 74 giorni di ministero. Gli stessi occhi con cui sicuramente guardi ancora questa comunità dal cielo”.

Aver bisogno della famiglia parrocchiale del Crocifisso che ha visto i primi passi della sua vocazione e quella della Madonna del Pozzo di Trani che lo vedrà nei primi passi del sacerdozio ministeriale; riferendosi alla sua comunità parrocchiale di origine, afferma: “E vi chiedo soprattutto di non smettere mai di ritenermi vostro figlio: il mio viaggio ha radici ben salde in questa casa che resterà sempre il secondo grembo che mi ha cresciuto”.

Aver bisogno degli amici e dei colleghi di scuola: sarà sorprendente guardare un amico che diventa presbitero e il professore-prete spiegare matematica e come Dio ha matematizzato l’universo perché fosse studiato e celebrato come Sua opera meravigliosa. Agli studenti dona questo incoraggiamento: “E voi, ragazzi […], a tutti voi chiedo di non andar dietro alla convinzione generale che la società è smarrita, che non si interessa di voi, che ha perso se stessa e che ha perso Dio: ci sono e ci saranno sempre parole antiche e nuove che parlano al vostro cuore e tirano fuori quel desiderio di senso che assieme possiamo non solo accendere ma far avvampare. Avete il sacrosanto diritto di sentirvi amati e riconosciuti, che si creda in voi così come è stato per chi vi ha preceduto, che avete necessità di qualcuno che vi accompagni verso la vostra maturità e realizzazione”.


È stato un ringraziamento che ha commosso tutti coloro che erano presenti nella navata quella mattina del 13 ottobre u.s. L’amore e l’umiltà sono stati il segno distintivo del suo discorso a fine celebrazione per ringraziare tutti, dai presbiteri agli ultimi presenti in chiesa, compresi i due nipotini, figli degli altri suoi due fratelli sposati.

Per tutti noi questo evento rappresenta un traguardo per don Giuseppe, ma come sappiamo bene, ogni traguardo della vita diventa poi il punto di partenza di un nuovo segmento della propria esistenza, di una nuova modalità di “stare al mondo”, di vivere gioiosamente la propria vocazione, sia sacerdotale sia matrimoniale: “Pertanto, dato che oggi per me si tratta di un nuovo inizio, non di un compimento, ora che i riflettori si spengono e la quotidianità della vita e del ministero saranno il banco di prova della generatività del mio sacerdozio, perdonatemi se piuttosto che fare solo ringraziamenti, mi mostrerò ancora una volta mendicante dell’amore di Dio e della vostra vicinanza, per me indispensabili per vedere fiorire ancora me e il mio ministero”. 

 

Ad maiora, allora, don Giuseppe: Dio, fissando lo sguardo su di te amandoti, giunga attraverso la tua umile persona alle donne e agli uomini di buona volontà.


Ruggiero Rutigliano

Federica Altizio





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