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“Dio è amore: chi rimane nell’amore, rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv 4,16). Quando vidi quella Casa illuminata a giorno, durante il ritorno verso la mia dimora, rimasi solo allora turbato dalla forza del vento caldo di quella sera e dalla eccessiva luce che, come un faro in mezzo al mare, mi portò nelle strade del mio quartiere quasi a memoria, senza veramente intendere dove stessi andando.
Forse, però, ci avevi invitati tutti a stare con te e io a dormire non volevo andarci. In fondo avevi lasciato tutte le porte aperte e sarebbe risultato scorbutico non venire a salutarti. È bello riportare quel momento alla mente, pensando al passo biblico della conversione di San Paolo, narrata negli Atti: “E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce […] E la voce: «Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare” (At 9,3-6).
Probabilmente, anzi ne sono abbastanza certo, non abbiamo mai avuto modo di parlarci. Eppure io ho quell’invito, nel tempo, l’ho accettato; lo abbiamo accettato. Era la festa dell’altruismo, dell’immersione totale della propria anima nell’aiutare il prossimo, di una “radicale libertà interiore foriera, nonostante le condizioni esterne coartanti, di grandi scelte apportatrici di frutti per una civiltà dell’amore”, come ci suggerì in quei giorni di giugno monsignor Pichierri. Ricordarci il 29 giugno di ogni anno quella festa, in quella grande Casa illuminata a giorno, è un invito per i più giovani che non hanno fatto esperienza diretta di te, affinché siano invasi dall’ardire di vedere la propria dimensione, all’apparenza difficile e piena di ostacoli, come un mattoncino in più per costruire la serenità di chi, probabilmente, questo coraggio non lo ha.
Giovanni Solenne nannisolenne@gmail.com