Correva l’anno… 2001, e come in tutti gli anni, arrivò puntuale anche novembre. Si sa, novembre è un mese particolare: ci si avvicina all’inverno, i primi freddi, ed è anche il tempo in cui festeggiamo i Santi e preghiamo per i nostri cari defunti. E così anche quell’anno scorreva pieno di impegni parrocchiali ai quali Don Luigi ci chiamava quotidianamente.
Qualche volta, tornando da Bari come ogni sera, non ero puntuale alla liturgia vespertina per la quale, spesso, il Parroco mi chiedeva di porgere la mia riflessione ai fedeli; e allora, con il telefonino, lo avvisavo dell’inconveniente ma la cosa non lo preoccupava più di tanto: “tranquillo, celebro io ma tu vieni ugualmente, ti attendiamo per l’omelia”. Quando, invece, i problemi di puntualità non si verificavano e, anziché la S. Messa, celebravamo i Vespri, Don Luigi si sedeva al primo banco e mi ascoltava pensoso e attento; e la cosa mi turbava sempre moltissimo, timoroso com’ero di fronte a… cotanto ascoltatore.
E qui, consentitemi un bellissimo ricordo: negli anni di preparazione al diaconato Don Luigi fu nostro docente di Cristologia. All’esame mi interrogò sull’incontro del Vecchio Simeone con il Bambino Gesù. Andai bene, penso, anche perché mi gratificò con un 30! Solo molti anni dopo, avendo avuto l’opportunità di curiosare, in Curia, nella mia cartella personale, ho scoperto che il suo giudizio per quel mio esame fu il seguente, testuale: “Ha una conoscenza affettuosa della Sacra Scrittura”. Ancora oggi mi commuovo al pensiero di quel giudizio che, per me, rappresenta un autentico monumento. Infine, quella brutta sera del 28 di novembre: una telefonata, una corsa, un pianto disperato in ginocchio dinanzi all’amato Parroco.
Perdonatemi, non mi va di ripetere ancora una volta quanto già scritto e detto in più occasioni, di quella terribile ed indimenticabile giornata: è una ferita inguaribile, come poche altre della mia lunga vita, che mi ha segnato nell’intimo. Perciò, concludo citando una bellissima frase di Michel Quoist che esplicita, come io non saprei mai fare, i sentimenti più profondi del mio vecchio cuore verso un uomo che ho amato e che mi ha ricambiato, in abbondanza, stima e autentico affetto: “la morte di un amico, come la caduta di un pino gigante, lascia scoperto un pezzo di cielo”.
Da quel “pezzo di cielo” scoperto, carissimo Don Luigi, continua ad amarci ed a vegliare su di noi. Ciao.
diacono Abramo Ferrara