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Immagine del redattoreParrocchia Santissimo Crocifisso Barletta

Lui ha tutto chiaro… il mio sì convinto!

Nel ventennale dalla scomparsa dell’amato don Luigi è anche l’occasione per ascoltare e rivivere con i ricordi anche quegli strani attimi che si sono susseguiti alla notizia della sua scomparsa. Pochi giorni fa abbiamo contattato don Rino Caporusso per farci raccontare le sensazioni e i sentimenti vissuti in quel periodo. Diventare parroco di una comunità dopo un evento straordinario ed imprevedibile, porta con sé tante domande, paure e dubbi ai quali nessuno può dirsi di sentirsi pronto. Queste le sue parole che vi riportiamo in modo integrale e che, crediamo, toccheranno il cuore di chi ha vissuto quei giorni.

“Il fatto che io sia stato subito il successore di don Luigi – mai pensato nella mia testa – anche se in realtà non avevo mai pensato nulla, nemmeno al fatto che potessi andare in Brasile, fa capire come ciò che è impossibile al pensiero degli uomini diventi possibile al cuore di Dio, il quale ha tutto chiaro, nella sua testa, e noi dobbiamo semplicemente metterci sui suoi sentieri, sui suoi binari, per trovare la serenità e la pace interiore. Di fatti, alla fine, è proprio questo ciò a cui ho pensato, ovvero ciò che è impossibile per me (perché vivevo un altro tipo di situazione, in un’altra città, ero a Roma perché stavo studiando, avevo lasciato da poco un’altra realtà parrocchiale, quella di Sant’Helena) è possibile per Dio. Per giunta l’improvvisa morte di don Luigi ha creato questo vuoto (e lo crea ancora) perché don Luigi era ed è un esempio, continua a parlare per la sua umanità, per la sua cultura, per il suo essere sacerdote, per il suo attaccamento alla terra, alle sue radici, a quello che lui è stato tramite i suoi genitori e i suoi nonni. Ma soprattutto don Luigi, sotto l’aspetto culturale, come ho già detto, e sotto l’aspetto dell’umiltà aveva e ha molto da insegnare. Tutto questo era un bagaglio troppo grande per me e lo vedevo veramente impossibile da portare, tanto è vero che quando arrivai da Roma per i suoi funerali (per di più il treno fece pure ritardo, per questo arrivai a messa già iniziata) mi misi ad un angolino (vicino alla campana della sacrestia) e vedevo la chiesa piena; tutta questa gente che piangeva, qualcuno, addirittura, si lamentava ad alta voce, con quegli intercalari tipici di chi sente un vuoto: si sentiva che il popolo stesse piangendo di cuore. Lì, sul presbiterio, mi ha commosso tutta questa situazione, mi ha fatto capire quanto don Luigi fosse amato; ricordiamoci che don Luigi non ha mai lasciato il quartiere Patalini, si spostò solamente da Santa Maria degli Angeli al Crocifisso – un passo praticamente – e nel quartiere la gente era quella! È stata una persona che ha continuato a vivere nelle storie e nei cuori della popolazione, della gente e dei parrocchiani, vedendoli crescere sotto ogni aspetto. Quando, alla fine della celebrazione, mentre sto portando il corpo di don Luigi, insieme ad altri confratelli dalla chiesa alla macchina, mi sento dire dal vicario generale don Savino Giannotti : “Il vescovo vuole parlarti domani in Curia” ho capito, ovviamente, e proprio per questo ho sentito ancora più forte questo peso, sapendo che cosa potesse succedere nella mia esistenza. E allora ho subito chiesto al Signore, nella preghiera, di aiutarmi e che se fosse stata quella la domanda, ovvero se fossi disponibile ad accogliere la comunità del Crocifisso, la mia risposta, in cuor mio, ancor prima di darla al vescovo, è stata sempre SI perché il sacerdote, nel cuore, deve avere sempre la disponibilità perché, tramite il vescovo, parla anche Iddio. È successo proprio questo, ovvero che la domanda fosse proprio quella. Come si fa a dire di no ad una comunità che era stata privata all’improvviso del proprio pastore? Non esisteva una possibilità del genere. Perciò, nonostante avessi i miei impegni, nonostante stessi e abitassi ancora a Roma, nonostante non avessi mai pensato di dover fare tante cose contemporaneamente, con il rischio di rimanere ferito o stressato (utilizzando un termine adatto) da tante situazioni, ho dovuto portare avanti tutti gli impegni che avevo, il fine settimana con il centro missionario diocesano, visitando le scuole, poi dovevo seguire i corsi a Roma, scrivere la tesi di licenza, seguire la parrocchia dal venerdì al lunedì, perché gli altri giorni della settimana non ero a Barletta e, proprio per questo, devo ringraziare padre Pasquale Zilli che in quel periodo si è fatto presente e mi ha aiutato a traghettare, nei giorni feriali, la parrocchia e poi, completamente da solo, anche nel fine settimana, con tutte le messe domenicali.

Queste sono le mie riflessioni sul quel periodo, veramente forte in cui è stata fortemente messa alla prova la fede, non solo a livello personale ma anche a livello comunitario perché un popolo si è visto privato, all’improvviso, della propria guida. In questo periodo di coronavirus ci siamo abituati alla morte di 150 preti ma, pur essendo abituati, veniamo privati di tanta gente, di tanto servizio e un infarto, che può colpire chiunque, fa mettere in discussione, nel lavoro e nel servizio, una comunità intera, una famiglia molto allargata e questo è ciò che è avvenuto anche con la perdita di don Luigi”. Il ricordo di tutti noi resta sempre vivo e forte. Queste parole, la testimonianza ancora toccante di chi è stato “travolto” dall’umanità di un “sacerdote di periferia” sono il segno dell’amore di Dio, che vince su tutti e resta nel tempo. Grazie don Rino!

Ruggiero Dimonte dimonte.ruggiero@libero.it

Francesco Dimonte francesco.dimo@libero.it

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