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Immagine del redattoreParrocchia Santissimo Crocifisso Barletta

QUANTO STA PESANDO L’EMERGENZA DA COVID-19 SUI RAGAZZI?

Ore 8:00. Suona la campanella. Non è la campanella che preannuncia l’inizio delle lezioni scolastiche, bensì il tintinnio delle video lezioni per la didattica a distanza. Dopo aver affrontato la primavera all’insegna del lockdown dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19 che ha costretto molte persone a vivere le relazioni in una dimensione virtuale attraverso il lavoro da remoto e la didattica a distanza, speravamo di poter ritornare in una condizione di normalità con le dovute precauzioni.

L’inizio dell’anno scolastico è stato al centro dei dibattiti tra politici ed esperti, ma la domanda sorge spontanea: cosa sta producendo la didattica a distanza per i ragazzi? È ben chiaro che la decisione è stata presa al fine di contrastare un eventuale aumento dei contagi tra ragazzi, ma allo stesso tempo sta rendendo la scuola un ambiente quasi sterile. La scuola non è solo trasmissione di nozioni, è anche un mondo di relazioni, è formazione alla vita e ai comportamenti sociali, è conoscenza oltre i libri e le verifiche. Le lezioni in remoto annullano in gran parte tutto questo e contribuiscono invece ad ampliare le differenze sociali e di crescita fra gli studenti. Le attività extrascolastiche sono sospese, non permettendo ai ragazzi spazi di interazione e relazione con i coetanei. Sono spesso rinchiusi in casa e con limitazioni nella vita sociale dovuta ai continui controlli di sicurezza. In questa situazione è possibile sviluppare la “sindrome della capanna”, per cui si tende a stare in casa percependola come un luogo sicuro, a differenza dell’esterno che viene vissuto come un pericolo. È questo uno dei rischi in agguato della didattica a distanza: al mattino ci si collega per lunghe ore al computer, con difficoltà a mantenere l’attenzione, il pomeriggio si rimane sempre a guardare la tv o a giocare con dispositivi elettronici. Ci si abitua a fare questo tipo di vita sedentaria e quando si potrà uscire c’è il rischio che i ragazzi non saranno motivati a farlo. In questo modo vengono meno le relazioni sociali, le quali costituiscono un fattore fondamentale per lo sviluppo emotivo oltre che sociale del ragazzo. Il rischio della pandemia potrebbe essere quella che chiameremmo “anestesia emotiva”, nonché freddezza o anaffettività causata da un’assenza totale o parziale delle relazioni sociali e delle attività di svago. E questo può essere un tratto, spero non stabile, in un momento in cui i bisogni dei bambini e ragazzi non vengono ascoltati dalla nostra società. Perciò è compito della famiglia e della scuola, i quali costituiscono il primo agente di socializzazione di ogni individuo, garantire spazi di comunicazione e educazione all’emotività e all’affettività facendo in modo che i ragazzi possano esprimere i loro sentimenti e garantire il sostegno di cui hanno bisogno in un momento storico per essi. Gli adulti devono identificarsi nei ragazzi, assumendo un atteggiamento empatico, cosicché i ragazzi possano sentirsi ascoltati poiché entrano in gioco sentimenti negativi come la frustrazione e l’impotenza, i quali rischiano di sfociarsi in forme di disordine sociale e relazionale. Per questo motivo l’educazione all’affettività ha l’obiettivo di potenziare l’intelligenza emotiva a partire dalla consapevolezza delle proprie sensazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti, di accrescere le abilità affettive con l’obiettivo di favorire una buona relazione interpersonale, nonché di sviluppare la capacità di condividere i propri sentimenti e di comprendere quelli altrui. È solo creando uno spazio di comunicazione e ascolto attivo che i ragazzi possano sentirsi davvero accolti perché sono i primi che stanno patendo le conseguenze della pandemia in atto e sarà utile affinché possano uscirne vincitori.

Inoltre, bisogna sfruttare questo tempo, continuando a studiare, riempire lo spazio di vita confinato disponibile di bellezza e di significato. È un tempo di sacrificio, questo. E anche l’etimologia della parola sacrificio è importante, perché vuole dire “rendere sacro”. Non c’è nulla di più sacro della vita e del suo valore. E oggi la vita va difesa più che mai.

Responsabilità e sacrificio sono le parole chiave che daranno accesso ai ragazzi, tra qualche mese, tra qualche anno fino al futuro prossimo. È come se fosse un passe-partout per aver attraversato questo periodo storico ed apparirà più sacro, perché avranno imparato ad essere più responsabili, fiduciosi e resilienti. E questo significa crescere, nonché prepararsi all’età adulta che li aspetta alla scoperta dei nuovi orizzonti.

Mariagrazia Spadaro mariagrazia.spadaro2110@gmail.com

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