“…Spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo…” (Fil 2,7)
La centralità di Cristo in tutta la storia dell’universo, di ieri, di oggi, di domani, non è un progetto o un desiderio degli uomini. È il progetto ed il piano di Dio, Amore eterno, infinito, immenso. Questo progetto può essere compreso maggiormente nel tempo quaresimale che la Chiesa ci invita a vivere. La quaresima è il tempo della ricerca della piena conformità a Cristo ma non solo è anche il tempo della semina, della potatura, dell’innesto. Occorre diventare vita nuova o, almeno, germogli di vita nuova. Tutto questo non è soltanto aspirazione ma è un bisogno urgente ed insopprimibile. Quando manca o non si realizza in pienezza, l’uomo rimane incompleto ed avverte quelle carenze che gli rendono la vita assurda ed impossibile.
La meta che ognuno di noi deve desiderare è la piena conformazione con il Signore. La prima condizione che viene richiesta all’uomo per giungere a questa conformità è quella dello spogliarsi dei propri abiti e rivestirsi degli abiti di Cristo. È il cammino inverso che Gesù ha fatto e di cui parla l’Apostolo Paolo. Egli scrive che il Signore Gesù “pur essendo di natura divina non ritenne per sé gelosamente la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo”. Egli, dunque, si spogliò dei suoi abiti divini ed indossò gli abiti umani. I suoi abiti divini erano di immenso splendore, “bianchi come la neve”. Il suo volto era luminoso “come il sole”. Ma egli si fece servo.
Come comunità in questi quaranta giorni ci lasceremo accompagnare proprio da questo versetto della lettera ai Filippesi. Siamo chiamati a diventare «scuola di servizio», ad assumere la pazienza, la tenerezza e l’umiltà del Signore Gesù che si è umiliato facendosi servo, che si è caricato della croce per la salvezza di tutti e ci dà il criterio per costruire la vita delle nostre comunità parrocchiali, assicurandoci la forza e il «ristoro» necessari per procurare felicità attorno a noi.
Ma che cosa caratterizza l’essere servo? Il fatto che il servo non ha per sé una forma sua propria, ma assume in obbedienza quella che gli è chiesta. L’essere servo, pertanto, dice una disponibilità totale, un riferirsi pienamente a Dio. Ma questa condizione non indica solo quella del Figlio rispetto al Padre, ma anche quella di ogni uomo che si fida e affida a Dio. È l’atteggiamento di fede che Gesù stesso loda nel centurione che si fida totalmente delle sue parole e che noi ripetiamo ogni volta prima di accedere alla comunione eucaristica: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito (Mt 8, 8-9).
Anche Papa Francesco nel messaggio per la quaresima ha sottolineato l’importanza del servizio che si traduce nella Carità vissuta sulle orme di Cristo. Scrive il Papa: “Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19. Nel contesto di grande incertezza sul domani, ricordandoci della parola rivolta da Dio al suo Servo: «Non temere, perché ti ho riscattato» (Is 43,1), offriamo con la nostra carità una parola di fiducia, e facciamo sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio”.
La quaresima sia per tutti noi un tempo di crescita: al termine del cammino quaresimale si dovrebbe arrivare alla perfetta identità con Cristo. Volere e fare quello che egli vuole e fa. Questo percorso di conversione ci esorti a metterci alla scuola del Maestro per ascoltarlo, seguirlo e imitarlo. Ci aiuti e ci conforti la Vergine Maria, donna fedele ai piedi della croce.
don Luigi Ciprelli