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Da buon………. vecchietto, sto tentando di mettere un po’ in ordine le mie carte (ma quante ce ne sono!!!!): documenti, appunti, relazioni sindacali ed anche tracce di omelie. Ed ecco che ne spunta fuori una…particolare, quella pronunciata nel novembre del 2018, in memoria di Don Luigi Filannino. Un tuffo al cuore, la rileggo, mi commuovo…… Perché, allora, non riproporla (naturalmente aggiornandola) a mo’ di testimonianza e di affetto per il nostro indimenticabile Pastore…. e proprio in questo mese di novembre, in cui ricordiamo il Suo ritorno al Padre? Eccola.
Parlare di Don Luigi: sono passati 21 anni. Ma è tutto come se fosse avvenuto ieri. Vorrei poter dire tante cose; i ricordi si accavallano, sono un fiume in piena. Una prima riflessione ed una citazione di un altro indimenticabile uomo di Dio: Don Gino Spadaro: “Don Luigi conservò un cuore di fanciullo nel vedere e scrutare cose e persone”. Ed anche Gesù ci ha detto “Siate come i bambini”: Don Luigi l’ha preso in parola. Sembrava un ingenuo, un sognatore; invece era un uomo molto concreto, determinato, un trascinatore e, nel nostro campo, un missionario. Ricordo l’ingresso con Lui, nell’agosto 1982, in questa Parrocchia, nello scantinato di via Patalini. La sua ferma determinazione di attuare l’impegno preso con Mons. Cassati, la costruzione della Chiesa, di questa chiesa, di queste mura che ancora profumano di Lui. Don Luigi come San Paolo, “schenopoiòs”; in greco significa fabbricatore di tende. Per noi, costruttore di questa tenda, della tenda di Dio, la nostra Parrocchia.
Un altro ricordo: sul terreno ancora sgombro, in un caldo pomeriggio del giugno 1994, un solenne pontificale per celebrare il 25° anniversario della Sua ordinazione sacerdotale: 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo, martiri. Vestiamo i paramenti rossi e Don Luigi mi regala una dalmatica che ancora indosso con tremore, con amore. Un uomo entusiasta della Sua missione di Pastore; lo dice ancora Don Gino Spadaro: “Entusiasmo? Non conobbe esaurimento”. Un uomo sostenuto dalla speranza; così scrive Lui stesso: “Che fare? È ancora possibile piantare e coltivare il fiore della speranza? È ancora pronunciabile la stessa parola ‘speranza’ senza incorrere nell’irridente ironia dello scettico di turno?” Questo Suo pensiero mi fa sempre tornare alla mente una frase di Maria Romana De Gasperi, la figlia del grande statista: “Chi non sa piantare un albero, per paura di non vederlo crescere domani, non è degno dell’avventura dell’umanità”. E Don Luigi conclude: “Dio non può ingannare, né ingannarsi, dunque è d’obbligo SPERARE sapendo che Gesù è il nuovo nome della speranza e che Lui, che è Dio, sa scrivere la preghiera che il bambino che è in ciascuno di noi sa compiutamente formulare”.
Ecco, abbiamo visto queste mura crescere rapidamente: la speranza si è fatta concreta certezza. Un uomo delicato, discreto e sensibile: mi regalò un piccolo crocifisso e lo accompagnò con un biglietto di dedica in cui sono riportati, insieme ad una bellissima frase, tutti i nomi della mia famiglia: Abramo, Maria, Ezio, Giovanna, Elisa, Antonella, MARCELLO. I primi sei nomi sono scritti con la sola iniziale maiuscola, Marcello è scritto tutto maiuscolo. Marcello è il mio bambino che da 40 anni è in Paradiso. Un uomo generoso: quante difficoltà per la costruzione di questa chiesa, quanti intoppi burocratici, quanti ritardi nei finanziamenti. E Lui sempre pronto a sopperire, a tamponare, ad anticipare, ad impegnarsi personalmente. Posso dirlo? Sino a vendersi un appartamento che i Suoi genitori gli avevano acquistato nelle vicinanze, in via Dante, quando ancora si era nello scantinato di via Patalini. E non solo quello!!! Un uomo buono e, lasciatemi dire, UN SANTO: “sempre presente, sempre coinvolto”, dice ancora Don Gino Spadaro; sempre di corsa, quasi presago di non poter completare la sua opera. Infatti, non riuscì a costruire il campanile, che poi Don Rino, con affettuosa sensibilità, ha realizzato facendo scrivere alla sua base “Aloisio sacerdoti dicata” (dedicato a Luigi sacerdote), e trasferendo finalmente nel nuovo sito le campane che erano state provvisoriamente collocate sulla facciata della Chiesa. Ed anche qui, permettetemi di citare ancora un’affettuosa notazione di Don Gino Spadaro: “Le armonie di quelle campane non le ha sentite. È altra l’armonia che ora ascolta, e si è unito al coro della liturgia celeste finalmente con l’intonazione giusta. E sì, perché a cantare era stonato”.
Ancora: un uomo sempre di corsa, consapevole che il tempo è di Dio, un suo dono che noi non dobbiamo sciupare né trascurare, ma dobbiamo viverlo senza risparmio, come ha fatto Don Luigi, “pastore in uscita che consuma la vita”, secondo una bella espressione che una giornalista ha recentemente usato per Papa Francesco. In una meditazione di Don Oreste Benzi possiamo leggere: “Io sono in Cristo, Lui è il segreto intimo della mia vita e sono su questa terra per impegnarmi con Lui a costruire la creazione nuova, la nuova umanità”. Sembrano parole scritte per Don Luigi, la sua missione instancabile, la sua eredità. Il suo entusiasmo, la sua fiducia nel prossimo, il suo amore per la gente, per noi…per noi! : “impegnarci con Lui a costruire la nuova umanità”. Poi, nel pomeriggio di quel brutto giorno, io ero a letto con la febbre. Don Luigi chiamò telefonicamente mia moglie e le raccomandò: “Maria, dì a tuo marito di riguardarsi, di non tirare troppo la corda, di preoccuparsi della famiglia, di te, della sua salute”. E dopo qualche ora mi raggiunse un’altra telefonata, quella del nostro indimenticabile amico Alfredo. E, subito, la corsa in Parrocchia e il mio pianto disperato, inginocchiato dinanzi al venerato sacerdote ancora vestito con i sacri paramenti della sua ultima celebrazione. Perdonami, carissimo Don Luigi: ho osato parlare di te, ma l’ho fatto con il cuore, scavando nei ricordi incancellabili di quegli anni che ci hanno visto percorrere un tratto di strada insieme: Tu maestro, pastore, consigliere, confessore; io alla tua sequela.
Grazie, DON LUIGI, ti sono debitore di un tesoro che non riuscirò mai a pagare.
Ti siamo debitori tutti di quanto hai fatto per noi con il tuo trascinante esempio, con la tua testimonianza, con la tua vita…. perciò siamo certi che dall’alto continuerai a seguirci, a pregare per noi, ad amarci. Come hai sempre fatto, sine modo, quando siamo stati, e forse inconsapevolmente, toccati dalla grazia della tua presenza nella nostra Comunità.
Abramo, diacono