“Ricordo proprio questa particolarità: la sera, con il nocino che lui si portava sempre appresso, passavamo tante ore a scrivere”. Così il tuo amico di seminario, don Vincenzo De Gregorio, continua a narrarci dei vostri momenti di riflessione sulla manifestazione di Dio; argomenti diversi, affidativi da un vostro docente durante il vostro percorso di studi, e successivamente riuniti in un unico elaborato scritto. Ma tu probabilmente, Salvatore, avevi già da tempo anticipato il lavoro, da tempo avevi trovato il luogo della Sua epifania: “Amava il tempo dedicato alla meditazione personale, alla parola”, ci conferma Don Vincenzo. A quattro mani, da questo desiderio di meditazione, avete dato vita propria alla riflessione, mettendo nero su bianco questa su un vostro libro (L’umanità libera sorride a Dio. Agorà e Parola; il sottotitolo che fa riferimento a tutto ciò che avevate pensato separatamente a riguardo della manifestazione divina).
E forse, proprio nella parola, hai incontrato Dio, nella sua pienezza, in ciò che spesso si considera minimale, povero. “Il vedere un fratello maggiore mi ha aiutato a riflettere maggiormente sulle Sacre Scritture”, continua don Vincenzo; un po’ come l’evangelista Luca, nell’incipit del suo Vangelo, hai inconsciamente trascinato un tuo fratello, ognuno di noi, il Teofilo, alla scoperta della “solidità degli insegnamenti” che Dio ci ha donato, immergendo nelle acque della tua profonda spiritualità questi Segni di inchiostro, i quali, se lasciati su carta, avrebbero perso la loro centralità, che ben in luce hai riportato ai nostri occhi tramite i tuoi scritti meditati.
Come hai visto, pensato e meditato la parola, Salvatore? La tua risposta è nel brano iniziale della tua parte del testo scritto con Vincenzo: “È un suono, un significante rinchiuso che fuoriesce. È nel significato. Anche dell’inchiostro. Il senso vocale impreciso di un pensiero muto ma preciso nel suo andare discorsivo. Il principio e la fine di una giornata. Di un pacchetto mensile di settimane. Di un fagotto annuale di esperienze. È un riverbero di una preghiera ora attenta, ora pigra, il più delle volte stanca. Sei lettere, tre consonanti più tre le vocali. Alternate, a formare sillabe che s’aprono poiché aperta è lei” (pag. 57). Apriamoci alla parola e alla Parola, cercando di essere vigilanti sia nelle nostre parole pronunciate sia in quelle ascoltate dall’ambone.
Giovanni Solenne nannisolenne@gmail.com Ruggiero Rutigliano illietogiullare@gmail.com