Dove stiamo portando l’informazione? Ma anche: dove ci porta?
In un circolo, speriamo, virtuoso, vorrei proporre due delle numerose riflessioni sull’informazione oggi.
Dopo aver posto domande su ciò che è accaduto in questi ultimi mesi nel nostro territorio nell’articolo del mese scorso, mi pongo quesiti sul metodo e sul fine dell’informazione, temi oggi al centro di un dibattito vivo ed acceso (si pensi ad esempio a come gestire l’informazione o a chi debba gestirla).
Al di là della questione, anche etica, oltre che giuridica, delle fake news e del cyberbullismo, rifletto sul passaggio dell’informazione dalla carta stampata al digitale: questo “salto” ha portato nel tempo alla chiusura di giornali o ridimensionamento del cartaceo a vantaggio del digitale. Nel 1992, anno dell’acme, in Italia si vendevano circa
Il meeting delle testate giornalistiche con Riccardo Losappio, Imma Ceci e Beppe Santo, 2 febbraio 2012
6.800.000 copie giornaliere cartacee; a febbraio 2018 le copie sono scese a poco più di 1.800.000 (fonte Fieg). Il digitale può avvalersi meglio anche dell’apparato iconografico (foto e video) e la velocità di trasmissione di dati ed informazioni è decisamente superiore. In un futuro prossimo le redazioni dei giornali potrebbero avvalersi dei loro stessi lettori come fonti, più o meno attendibili, di eventi che accadranno, anche dall’altra parte del pianeta, andando, poi, a trovare conferma del fatto. Questo significherebbe anche un cambiamento di “statuto” del giornalista stesso, ora chiamato a verificare le notizie comunicategli dai lettori. Inizierà l’epoca dei lettori-inviati? Perciò il giornalista, dopo aver verificato stando seduto sulla propria scrivania, dovrà scrivere un articolo, corredandolo con riflessioni personali; è ciò che, poi, comunemente svolgono i giornalisti.
E se internet e la rete ormai hanno soppiantato in termini di velocità la stessa TV o radio, che senso ha, allora, stampare un giornale, se già nel momento stesso in cui va in stampa la notizia è già “vecchia” oppure vi sono stati ulteriori sviluppi della stessa? È questo il mio secondo interrogativo.
Il meeting delle testate giornalistiche presso la nostra parrocchia con Roberto Straniero, l’arcivescovo Mans. Giovanni Battista Pichierri, Riccardo Losappio e Donatella Lorusso, 24 gennaio 2013
Forse, e questa è la mia idea in merito, la carta stampata dovrà assumere sempre di più il ruolo di approfondimento delle notizie: se la rete ci dà una notizia in tempo reale, la stampa può farci riflettere meglio e più approfonditamente sulla notizia. Ovvio che l’approfondimento può essere realizzato anche in digitale, ma probabilmente, leggendo la carta stampata, i nostri occhi “ringrazieranno”. Perciò il giornalista è chiamato a “scavare” la notizia (non più scovare!), ad approfondirla e trovare relazioni più o meno razionali ed equilibrate tra questa ed altre notizie insieme con le proprie considerazioni per una visione più olistica possibile della realtà e della storia.
L’informazione digitale ci porta forse verso la semplificazione della realtà? Verso l’indigestione di notizie date in tempo reale? (dimensione quantitativa) Ma sappiamo che la stessa realtà è complessa ed alle volte complicata (dimensione qualitativa). Ecco il ruolo del giornalista (e quindi dove vogliamo portare l’informazione): custode e garante della veridicità della notizia e dell’evento e critico, quasi “scavatore”, nei confronti di questa in un atteggiamento di sano equilibrio e “apritore” di sentieri di riflessioni altre.
Ruggiero Rutigliano illietogiullare@gmail.com