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Immagine del redattoreParrocchia Santissimo Crocifisso Barletta

<strong>“IL SOGNO DI DIO”</strong> in un testo straordinario di don Luigi Filannino

A vent’anni dalla dipartita di Don Luigi Filannino, che ricorderemo giovedì, 28 novembre, proponiamo un suo articolo apparso sulla rivista socio–culturale della parrocchia SS. Crocifisso, Il Giovane Lume. Don Luigi – lo ricorderemo in tanti, per il suo impegno socio-culurale, docente di filosofia al Liceo Classico, Casardi, ha manifestato sempre profonda passione per la scrittura, divenendo punto di riferimento agli inizi degli anno ottanta nel quartiere nascente, Patalini. Di seguito, pubblichiamo, l’articolo su menzionato.

«A un bambino che aveva superato un grave trauma

fu chiesto di fare una preghiera. Dopo qualche momento di esitazione, scrisse su un foglio le lettere dell’alfabeto: richiesto di una spiegazione rispose: solo Dio ha conosciuto il mio dolore, a lui perciò lascio il compito di formare la preghiera con le lettere dei miei pensieri. Quel bambino sfruttato dai flutti delle contraddizioni e delle insorgenti paure è ognuno di noi che tenta, in queste settimane di così triste autunno di guerra, di non farsi rispecchiare dal magma dello smarrimento e della logica diabolica della violenza. “Siate come bambini!” hai detto tu, Signore, ma il bambino che si cela in ciascuno di noi è ancor oggi smarrito, perde di sempre più voraci appetiti distruttivi che ne sfigurano l’originale impronta divina. “Facciamo l’uomo a nostra immagine…”. Ma come leggere più il D.N.A. che la mente dell’Altissimo ha immerso nell’arcano e prezioso scrigno del cuore umano? Cerco ma non trovo quei frammenti della ragione umana divinamente illuminati ma confusi e quasi smarriti nell’infernale coacervo di fanatismo, di odio disperato e disperante, di collettiva pazzia scambiata talora per saggezza, mentre quel gigantesco e velenoso fungo atomico sprigionatosi dal demoniaco attentato terroristico dell’11 Settembre, l’atmosfera delle relazioni umane e il cielo delle costellazioni che formano la famiglia dei popoli, appaiono sempre più ammorbate da miasmi di morte la prima, intriso di sangue e oscurato da sinistri bagliori bellici il secondo.Il palcoscenico della storia mondiale che l’immensa e assolutamente gioiosa assise mondiale dei giovani di Tor Vergata faceva intravedere foriero di nuovi cieli e nuova terra in cui dimori stabilmente la Pace, si è repentinamente mutato in eclisse. Di civiltà totale e parziale? Abbiamo l’obbligo di sperare che sia parziale; quella speranza che non può deludere, perché seminata nei nostri cuori da mano divina, ci lascia anche intravedere, oltre i sinistri bagliori afgani, oltre le indicibili sofferenze che intuitivamente percepiamo e televisivamente aborriamo, l’orizzonte che prelude al sogno d’Isaia, il sogno di Dio, quel sogno che l’Uomo, creatura finita ha il paradossale potere d’infrangere. I giovani che la chiesa ha investito del ruolo di “sentinelle del mattino” all’alba di questo nuovo Millennio, sembrano le vittime sacrificali di questi nuovi sacrifici umani riemersi dalla notte dei tempi che ingenuamente la cultura ufficiale definiva barbarici e che appaiono ora assurdamente idilliaci. I sacerdoti del terrore imperversano e gli scongiuri accurati dei novelli Laocoonte non impediscono alla porte di far proseliti. Che fare? È ancora possibile piantare e coltivare il fiore della speranza? È ancora pronunciabile la stessa parola speranza senza incorrere nell’irridente ironia dello scettico di turno? È ancora possibile concepire spiritualmente e intellettualmente ciò che osiamo ancora vagheggiare come bello e perfetto, come oggetto della più alte aspirazioni e avvicinarlo alla realtà esistente? È possibile in una parola sognare? È possibile immaginare un’Autorità pubblica e universale, da tutti riconosciuta, la quale sia dotata da efficace pretesa per garantire a tutti i popoli sicurezza, osservanza e rispetto dei diritti. Ancora una volta si impone l’imperativo categorico della speranza? Una scena si taglia ben nitida davanti ai nostri occhi e sublimi parole risuonano nelle nostre menti e ancora promesse avvolgono i cuori… Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto…Io sono la via, la verità e la vita. Sì, è ora che la fantasia vada al potere, ma non ha la fantasia dell’Uomo, bensì la fantasia di Dio che ha detto: “Facciamo l’Uomo a nostra immagine..”, quella fantasia divina che commentando la creazione dell’Uomo soggiunge: ad era cosa molto buona… Era quel pensiero di Dio, e tale resta ancora perché Dio non può ingannare, ne ingannarsi, dunque è d’obbligo SPERARE sapendo che Gesù è il nuovo nome della speranza e che LUI, CHE è Dio, sa scrivere la preghiera che il bambino che è in ciascuno di noi non sa compitamente formulare».

Un testo splendido, intriso di profonda spiritualità, carico di speranza che mai deve abbandonare il cristiano.

Francesca Leone professoressaleone@gmail.com

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