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Ero da solo in casa quel lunedì. Lessi gli ultimi messaggi su una piattaforma social. E piansi amaramente. Era un secondo lutto grave che subivo nel giro di pochi mesi. In quei giorni prima della tua “partenza” non riuscì ad incontrarti, Salvatore, perché ormai stavi male. Perciò un po’ me l’aspettavo quella notizia, anche se non si è mai pronti per notizie del genere. Controllai il calendario e la giornata non era casuale: era la festa dei Santi Pietro e Paolo. E subito mi ricordai della telefonata che ricevesti da papa Francesco il giorno della ricezione dell’Ordine sacro del Diaconato, il 15 aprile 2015. Ovviamente non fu possibile venirti a trovare a casa tua né tanto meno m’imposi tale fine ed attesi nervosamente il giorno dopo per la celebrazione dei tuoi funerali. La Chiesa era piena quel martedì 30 giugno. Entrai e ti trovai disteso in quella semplice bara di legno ai piedi del presbiterio. Ricordo poco della liturgia, presieduta dal compianto Padre arcivescovo, Mons. Pichierri, intento a seguire, senza lacci o catene, i miei pensieri e le mie emozioni: cosa succederà ora? Come stanno o vivranno i tuoi familiari, in particolare i tuoi genitori Giuseppe e Filomena e tua sorella Adele? Cosa vuol dire per me questa tua morte prematura, mio caro amico? Tardi ti conobbi, amico mio! Ma lieti, seppur fugaci, giorni vivemmo nell’amicizia. Vivere nella pienezza del presente con la grazia di Cristo: questa fu una delle conclusioni a cui pervenni al termine di quella celebrazione. E la promessa di non dimenticarti, portando con me quella gioia e quella profondità dei nostri discorsi e delle nostre chiacchierate. E tu promettimi di pregare per tutti noi da lassù.
Ruggiero Rutigliano illietogiullare@gmail.com