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Immagine del redattoreParrocchia Santissimo Crocifisso Barletta

<strong>Suicidio assistito: si discute alla camera</strong>

Il dibattito in atto sulle spinose questioni del fine vita è approdato alla Camera dei Deputati lo scorso 13 dicembre. Si discute sul testo di legge che vorrebbe introdurre in Italia il suicidio assistito, quando cioè il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo da un individuo. Il testo, chiamato “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”, vorrebbe rispondere a quanto previsto da una sentenza del 2019. La Corte Costituzionale –  ricorderemo – si era espressa sul caso di Marco Cappato, accusato di avere aiutato Fabiano Antoniani, più conosciuto come di Fabio, a suicidarsi: Antoniani era rimasto paralizzato e cieco a seguito di un incidente. La sentenza aveva stabilito che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in

carcere se quella persona ha una patologia irreversibile, da provocarle sofferenze fisiche o anche solamente psicologiche per lei intollerabili, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente, e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. 

Di seguito, in esame, alcuni punti fondamentali della legge.

Articolo 1. Viene enunciata la finalità della legge, che si propone di disciplinare «la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile» di ottenere assistenza per porre deliberatamente fine alla propria vita. Nella sostanza: suicidio medicalmente assistito.

Articolo 2. Si definisce il concetto di «morte volontaria medicalmente assistita» come modalità per porre «fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale», precisando che la volontà suicidaria deve essere «attuale, libera e consapevole».

Articolo 3. Vengono identificate le condizioni sulla scorta delle quali è possibile accedere al suicidio medicalmente assistito. In primo luogo, sono necessarie la maggiore età, la capacità di intendere e volere, un’adeguata informazione e il coinvolgimento in un percorso di cure palliative. Ma quest’ultima condizione – vero punto nodale della legge – viene depotenziata, posto che per poter accedere alla morte volontaria si assume anche il rifiuto di queste terapie semplicemente proposte al malato.

Articolo 4. Si disciplinano le forme di cui deve essere rivestita la richiesta suicidaria, da inviarsi al medico di medicina generale o a quello curante: atto pubblico o scrittura privata autenticata. Se tuttavia il paziente non è nelle condizioni di dar corso a questi adempimenti sono sufficienti videoregistrazioni o altre forme di comunicazione. Ricevuta la richiesta, il medico deve informare il paziente anche delle possibili alternative.

Ci rammarichiamo che ci sia chi nella sofferenza ritiene di rinunciare alla vita. Esortiamo a non perdere mai la speranza anche nella malattia e nei momenti più dolorosi, ricorrendo a tutti i mezzi che la medicina ha a disposizione per lenire il dolore. Riteniamo che la scelta di darsi la morte non sia mai giustificabile e che compito di solidarietà sociale sia creare le condizioni affinché questo non avvenga mai, senza lasciare nessuno nella solitudine della sua malattia. La vita è un bene ricevuto che va sempre difeso e tutelato in ogni sua condizione. Nessuno può essere farsi portatore della morte altrui. La coscienza umana ce lo impedisce.

La vita è sacra è intoccabile, se cominciamo a mettere in discussione questo valore, davvero andremo incontro alla deriva antropologica, sic!

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