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Immagine del redattoreParrocchia Santissimo Crocifisso Barletta

<strong>Tu es Sacerdos in aeternum!</strong> – Ricordando don Ruggero Caputo

Tempo medio di lettura – 4 minuti . . . 

La memoria restituisce al presente storie e, soprattutto, persone. Te le fa sentire coeve. Noi descriviamo la liturgia eucaristica come memoriale del Signore che muore e risorge per noi, nell’eterno oggi del sacro rito. Cosi facciamo memoria di un sacerdote del passato per farlo conoscere a chi, per età o altro, non sa.

Invece il vostro parroco lo ha incontrato da piccolo, e da don Ruggero fu invitato a diventare chierichetto e, guardando il suo servizio sacerdotale, ne rimase così impressionato da sentire nel proprio cuore di dover diventare sacerdote.

E, pensate, ero molto giovane, frequentavo la quinta elementare. Ma la vocazione, certo viene da Dio, che però spesso si serve di questi canali umani e nel contempo soprannaturali. Il sacerdote resta un pover’uomo ma fa le cose di Dio. Ha ricevuto attraverso un gesto antichissimo, l’imposizione delle mani dal Vescovo, un radicale cambiamento che convive con la fragilità umana ma dona la potestà sacerdotale, il potere di celebrare, formare e santificare. Don Ruggero ne era così consapevole che celebrava con una devozione affascinante. Ma poi si spendeva moltissimo nell’essere strumento della misericordia divina: confessava chiunque lo chiedesse. Pensate che allora, anche noi bambini, ci confessavamo tutte le settimane. Poi, parlava con le persone del loro cammino, le guidava su una strada di santità, che non è solo per super eroi, come noi consideriamo i santi, ma è per tutti. Lo chiamavano Direttore ma non era dirigente, era un vero padre spirituale. Sempre tra i banchi della chiesa: o pregava o confessava. La chiesa è quella di san Giacomo Maggiore, su corso Vittorio Emanuele, dove sono cresciuto.

Don Ruggero non è mai stato parroco: per molti anni professore di religione, ma sempre viceparroco. Umile, dimesso, modesto, ma sorridente e sereno per dono di Dio anche nei momenti di martirio, che non gli sono stati risparmiati. Ora la Chiesa ci dice che è da venerare, cioè riconosce che è stato un vero Servo di Dio, un Buon Pastore. Un giorno la Chiesa potrà dichiarare di più. Per ora preghiamo e parliamone.

Troppe volte, e spesso ingiustamente, si parla male anche dei sacerdoti, ma di questo Servo di Dio innamorato di Gesù e della Sua Mamma, tutti devono dire quanto si sia donato. Era un Vero Alter Christus-un altro Cristo. Ma sull’altare o nel confessionale o negli altri doveri sacerdotali, era Ipse Christus, ovvero lo stesso Cristo. In lui si vedeva Gesù che celebrava, confessava…e come Gesù era lo sposo fedele della Chiesa. Un amore che gli ha riempito la vita: si è donato totalmente e senza rimpiangere una propria famiglia o gli affetti umani. Chi ha Gesù nel cuore ha tutto l’amore che gli serve per vivere.

Don Pino Paolillo

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