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Stadera n. 152 – Set/Ott 2023
Si respira aria di attesa e fermento nella nostra comunità parrocchiale che si prepara a vivere sabato 7 ottobre l’ordinazione diaconale di Giuseppe Cassano. Per la speciale occasione la redazione de La Stadera lo ha intervistato.
Come è nata la tua vocazione? Dopo il liceo hai conseguito la laurea in Matematica e attualmente sei professore di Matematica al Liceo “Cafiero”: ci descrivi i prodomi della tua vocazione?
Sorrido perché è la domanda incuriosita che spesso mi si rivolge da 7 anni ormai, che rivela il bisogno di senso che abita i cuori di tutti. In realtà i contorni di ogni vocazione cristiana hanno in prima battuta il profilo di quei volti, eventi e incontri che attivano la tua coscienza e alimentano il desiderio della scoperta della relazione con Dio. Non è in primis questione di scelta fra matrimonio e celibato, ma di un rapporto decisivo con Cristo che ti fa sentire amato oltre ogni merito o sforzo all’interno della comunità cristiana. Pertanto non ci sono istanti puntuali in cui s’assume definitivamente la consapevolezza della vocazione al sacerdozio, quanto piuttosto una graduale maturazione che ci fa scoprire la forma in cui essere più radicalmente felici e ci permette di amare di più a nostra volta. Come dico sempre ai miei ragazzi a scuola e in parrocchia, Dio ci vuole pienamente noi stessi, che ci realizziamo a partire da quel che siamo e dalle nostre peculiarità, ed anche la mia passione per la matematica ha avuto un ruolo importante in questo: mi ha aiutato a chiedermi sempre il perché delle cose, ad interrogarmi sul senso che ci anima. E Dio con me si è servito anche di questo.
Com’è stata accolta la vocazione dalla tua famiglia e dagli amici?
Stupore e destabilizzazione accompagnano sempre i primi vagiti della vocazione al presbiterato, specie in chi t’ha visto crescere. Il tempo e la mia serenità hanno permesso loro di compiere un percorso insieme a me: la gioia e la generatività della mia vita hanno pian piano accompagnato e consapevolizzato anche loro, i primi custodi della mia vocazione. Si tratta di dono, non di rinunce: la logica di Dio è pregna di sovrabbondanza, di spreco, di dono appunto! Il sì di un ministro ordinato ovviamente non è a cuor leggero: si fonda certo su un incontro decisivo con Gesù Cristo vivo e vero, ma l’amore chiede sempre anche la fiducia di un balzo apparentemente nel vuoto, ma sostenuto specie da chi Dio ci ha messo a fianco, la promessa di una felicità senz’altro percepita appieno ma i cui contorni non sono chiari in partenza.
Che ruolo ha avuto la preghiera nel tuo cammino vocazionale?
La preghiera è dialogo profondo e sincero, comunitario e personale, con Dio. Mi ha permesso di riconoscere con gratitudine che Dio non ha lesinato nel riempire ogni tappa del mio viaggio di segni e presenze che la mia fede ha imparato a riconoscere e che hanno reso sempre più serena la mia adesione ad un disegno, sì presente nella mente di Dio, ma che ha richiesto con totalità l’uso della mia libertà. Ecco che amici vecchi e nuovi, compagnie preziose ed inaspettate, il grembo della mia famiglia e della mia parrocchia, tutto ha assunto un valore quasi sacramentale nel mio cammino. Questo m’ha permesso non solo di sentirmi amato nelle mie fragilità e nelle mie doti, ma soprattutto di provare a guardare chi mi cammina accanto con la tenerezza con cui desidero essere guardato da Dio. Il tempo ha reso sempre più piena la coscienza della decisività del cammino ecclesiale nella vita di ogni cristiano, di sapere che la chiamata al presbiterato è dalla Chiesa e per la Chiesa, che nessuno si salva da solo e che la grazia che passa attraverso me santifica anche me.
Qual è l’identità del diacono?
In quanto sperimentato sulla mia pelle nella mia storia, quel che m’affascina del dono del celibato e del diaconato è la preziosità della generatività propria del ministero ordinato, il porsi al servizio della fede e della felicità dei fratelli con castità e totalità: il diaconato è essenzialmente questo. Ho negli occhi chi nel tempo m’ha evangelizzato ed elevato nell’aspirare alla misura alta del Vangelo, che mi ha mostrato quanto ogni uomo è prezioso agli occhi di Dio e che le nostre vite sono terreno sacro su cui a quattro mani con Lui si può disegnare un capolavoro. Dio non solo è colui che ci salva e risolleva, ma essenzialmente colui che ci vuole pienamente realizzati e felici e che ci aiuta a dar forma a questa promessa di felicità. Lui è e resterà sempre il primo collaboratore della mia gioia. E con questa stessa gioia che viene da Dio e che riempie la mia libertà, chiedo alla mia Chiesa di accedere all’ordine del Diaconato.
Leone Francesca professoressafrancesca@gmail.com